I familiari di chi soffre di Disturbo Ossessivo Compulsivo sono spesso, loro malgrado, coinvolti nel disturbo del proprio caro. Chi soffre di DOC, infatti, tende a coinvolgere i familiari nelle proprie ossessioni e nelle proprie compulsioni.
Se prendiamo l’esempio di un DOC da lavaggi, che è uno dei più frequenti, spesso chi ne soffre chiede ai propri familiari di lavarsi le mani in un certo modo, oppure di lavarsele usando determinati detergenti, oppure di evitare di toccare alcune cose o di andare in alcuni spazi all’interno della casa.
Le risposte che il familiare può dare al proprio caro si possono collocare su un continuo in cui abbiamo, ad un estremo, le risposte che vengono chiamate accomodanti e, all’altro estremo, le risposte che possiamo chiamare antagoniste.
Risposte accomodanti
Le risposte accomodanti sono, per esempio, assecondare effettivamente le richieste del proprio caro e quindi lavarsi le mani in un determinato modo o evitare di toccare certi oggetti.
Risposte antagoniste
Le risposte antagoniste sono risposte in cui non si asseconda il proprio familiare, ma ci si oppone, per esempio, nel tirarlo fuori a forza dal bagno perché è dentro da troppo tempo oppure nel chiuderlo dentro il bagno oppure nel rifiutarsi apertamente di fare quanto richiesto facendo sentire in colpa il paziente.
Il problema di entrambi questi tipi di risposte è che, in entrambi i casi, non solo non risolvono il problema, ma anzi lo mantengono.
Le risposte accomodanti mantengono il problema perché è come se il familiare si sostituisse a chi soffre del disturbo nel fare le compulsioni e sappiamo bene che fare le compulsioni è esattamente quello che alimenta il DOC.
Le risposte antagoniste, allo stesso modo, non risolvono il problema perché alimentano il senso di colpa di chi soffre di questo disturbo e sappiamo che il senso di colpa è uno degli ingredienti principali del disturbo ossessivo compulsivo.
Le reazioni che possiamo avere nei confronti di un familiare che soffre di disturbo ossessivo compulsivo sono di più di queste due che abbiamo visto. Ad esempio, vi è la reazione chiamata pacca sulla spalla quindi possiamo rispondere per esempio “ma si figurati, andrà tutto bene” oppure la bugia a fin di bene “sì sì, certo che mi sono lavato le mani” quando non è vero, oppure ad esempio il suggerimento di soluzioni: “perché non hai provato a fare questa cosa?”.
Ognuna di queste reazioni, in realtà, alimenta il problema invece di risolverlo.
I familiari possono imparare a riconoscere le proprie reazioni-trappola, e imparare a sostituirle con delle reazioni più funzionali e più utili per il proprio caro.
Alla Dritto al Punto proponiamo un percorso specifico per i familiari di chi soffre di questo disturbo. È un percorso organizzato in sei incontri, all’incirca un incontro ogni due settimane, e servono al familiare di chi soffre di DOC a conoscere il disturbo, a capire come funziona, a riconoscere le proprie trappole e a sostituire le reazioni che non funzionano con reazioni più funzionali che possono migliorare il clima in casa e aiutare la persona che soffre di DOC a rendersi conto di avere un problema e, magari, a cercare aiuto.
Che fare quindi?
Certamente la situazione ideale è quella in cui chi soffre di DOC stia già facendo una psicoterapia individuale, quindi si aggiunge il percorso per i familiari al percorso individuale. Il percorso individuale però non è necessario: i familiari, infatti, possono fare il percorso anche in maniera autonoma. Il percorso per i familiari aiuta a migliorare il clima in casa, a ridurre l’impatto del DOC sulla vita familiare e può aiutare chi soffre di questo disturbo a rendersi conto, ancora di più, di quanto questo disturbo sia invalidante.