Quando si scrive un libro, le settimane precedenti il fatidico “visto si stampi”, cioè il momento in cui si manda in stampa, gli autori vivono dei picchi di ansia e di ossessività: si legge, si rilegge, si trova un errore, si corregge, se ne trova un altro, si corregge, si mandano le correzioni alla casa editrice, torna indietro la copia corretta e il processo ricomincia.
In contemporanea, anche la casa editrice sta facendo la stessa cosa. Ce n’è di gente che ci lavora! Si cercano errori, sviste, refusi. Piccoli e grandi. Ad un certo punto tutto tace, perchè dopo il “visto si stampi” il libro va, appunto, in stampa. Sotto sotto si ha la consapevolezza che gli errori non si possano evitare, e che di certo qualche errorino ci sarà, ma si è certi di aver fatto comunque un buon lavoro.
Poi arrivano a casa le prime copie autore. Emozione, entusiasmo. Post sui social. Siamo super. E poi, un commento. E l’amara scoperta. Un ERRORE. In COPERTINA. Nel TITOLO. Le emozioni in quel momento arrivano tutte insieme.
No dai, non può essere.
Impossibile, con tutti quelli che ci hanno lavorato!
Rifiuto della realtà.
Non accettazione.
Come è potuto succedere?
Delusione.
Chat.
Come ho potuto non accorgermene? Come abbiamo potuto non accorgercene?
Colpa.
Come hanno potuto non accorgersene?
Rabbia.
Che figura di m***a.
Vergogna.
Telefonate.
E ora che si fa?
Si potrà correggere?
Mail.
Speranza.
Praticamente tutte le fasi dell’elaborazione del lutto in un’ora.
Poi rientriamo tutti nella nostra finestra di tolleranza emotiva: le copie verranno ristampate, c’è tempo prima dell’uscita. E quello è il momento delle risate, del “solo a noi poteva succedere”, del “fantastico, proprio in un libro sul DOC doveva esserci un errore nel titolo!”.
Che ci insegna tutto questo? Niente di nuovo forse, ma due interessanti conferme.
La prima: che, come ci hanno insegnato all’università, il cervello corregge ciò che l’occhio legge, e quindi possiamo non accorgerci di un errore, soprattutto se leggiamo tante volte la stessa cosa. Tra l’altro, a quasi 24 ore dalla pubblicazione delle foto sui social, solo due persone si sono accorte dell’errore: siamo in buona compagnia.
La seconda: che la perfezione non è raggiungibile. Che gli esseri umani sono fallibili e imperfetti, per quanto si impegnino. Che tanti occhi che leggono la stessa cosa per più e più volte possono non accorgersi di un errore, piccolo (in fin dei conti è solo una A al posto di una E!) ma enorme (un errore nel titolo in copertina!).
E questo alla fine ci piace, perchè è quello che insegniamo tutti i giorni ai nostri pazienti, soprattutto a quelli che soffrono di DOC: l’errore è inevitabile, che ci piaccia o no.